Il gioco è qualcosa che caratterizza il periodo dell’infanzia. I nostri nonni e i nostri padri, quando erano piccoli, usavano tramandare di generazione in generazione i loro giochi tradizionali nei quali sopravvivevano usi, abitudini, tradizioni e avvenimenti di cui abbiamo vaghe conoscenze. Ebbene proprio in questo intento di salvare e recuperare il patrimonio ludico di Vivaro, che come si noterà è poi in comune a quello di altri paesi del nostro territorio, abbiamo tentato di ricostruire con l’aiuto di qualche amico più anziano, i giochi di una volta. I giochi a Vivaro si svolgevano nei vari quartieri del paese, un tempo tutti abitati e pieni di bambini La Pischera, la Spiazzella, il Casarinu ecc.. in ogni rione echeggiavano voci e strilli di bimbi che caratterizzavano visceralmente il paese. Da notare che, mentre oggi il paese è la Piazza della Peschiera, nel senso che la vita sociale e quindi anche il gioco dei pochi bambini rimasti si svolge tutta li, un tempo fino agli 60 periodo in cui è iniziata l’emigrazione versoluoghi che offrissero maggiori opportunità lavorative, ognuno rimaneva nel proprio vicinato animandolo appunto di suoni e grida gioiose. La scomparsa dei giochi e dei divertimenti antichi della nostra tradizione deriva da molte cause. I passatempi, templi della fantasia ed espressione di una cultura che non c’è più, i diversi giochi dei bambini di un tempo sono stati cancellati dalla tv, dai giochi elettronici e affini, spazzati via negli elenchi delle cose perdute. La piazzetta, la strada e i vicoli non esistono più come luogo di ritrovo infantile e sono stati invasi dalle macchine. Eppure questi luoghi sono stati protagonisti anche dei passatempi dei nostri avi e ci piace ricordare qualcosa del bel tempo che fù. Il gioco non era solo infantile: anche i giovanotti, nelle lunghe sere invernali, quando erano rallentate o addirittura sospese le attività agricole e contadine, occupavano il loro tempo dedicandosi ai giochi di abilità e di forza. Vediamo di seguito una lista dei giochi più comuni:
Trètteca di maggio
Il gioco consisteva nella formazione di due cerchi di persone ciascuna delle quali appoggiava ognuna le mani sulle spalle del vicino. I due cerchi, che comprendevano da un minimo di cinque a un massimo di dodici persone, erano formati, rispettivamente, dai giovanotti più alti e dai giovanotti più bassi. Questi ultimi salivano sulle spalle dei ragazzi più alti, in modo da formare una sorta di “torre” umana. A questo punto iniziava il gioco, la prova di abilità: cantando una canzone in forma un po’ cantilenante e ripetitiva la torre umana cominciava a girare in tondo e ad avanzare per le strette e anguste vie del paese! Da Collenaro, parte alta dell’abitato, si doveva raggiungere la zona bassa, Palaterra, e la cosa non era assolutamente semplice. Infatti in alcuni punti del centro il gioco era estremamente pericoloso in quanto, se il cerchio superiore non fosse rimasto in equilibrio e ben saldo, ci sarebbe stato il concreto rischio che, in alcuni punti particolarmente ripidi e scoscesi, con 10-12 metri di strapiombo, si cadesse. Per non far spezzare il cerchio, che doveva rimanere unito e compatto fino alla fine, occorreva ricorrere a veri e propri escamotages di equilibrio. Il gioco, che si è praticato fino a non più tardi della metà degli anni ’50, si svolgeva a sera tarda e in condizioni di … sobrietà: qualche bicchiere di vino in testa avrebbe compromesso il buon esito della prova!
Lizza
Il gioco somigliava molto a quello della leppia, con la differenza che, al posto della schiappa si utilizzava un bastone tondo, e al posto della leppia, un bastone appuntito. Nel complesso, la prova era più difficile: vinceva chi, con un colpo, due o tre (cosa che veniva stabilita all’inizio), riusciva a raggiungere la distanza maggiore.
Tòpa Tòpa
Ancora una variante del nascondino che, invece di essere individuale, era a squadre. Se uno della squadra accecata tanava un componente della squadra avversaria, dicendo tòpa tòpa e il nome dell’individuato, anche gli altri dovevano correre alla tana. Se la persona scoperta raggiungeva uno della squadra avversaria prima di arrivare alla tana, questi lo doveva portare sulle spalle fino al punto di partenza.
Salta montone
Gioco a squadre. I componenti di una squadra si mettevano ricurvi e formavano una sorta di trenino appoggiando ognuno le braccia sui fianchi dell’altro. I più robusti e più alti venivano messi per ultimi perché dovevano sostenere il peso di quelli che saltavano loro addosso. La squadra opposta faceva saltare, invece, prima i più atletici in modo che andassero ad accavallarsi sui primi di quel trenino e di lasciare lo spazio agli altri. Man mano saltavano tutti e quelli sotto, per poter riuscire a vincere la partita, dovevano resistere al peso di quelli sopra fino all’inverosimile. Quelli che saltavano non dovevano fare errori perché bastava che uno cadesse a far perdere la partita e scambiare i ruoli all’intera squadra.
Palo della cuccagna
Gioco comune a molti luoghi, consisteva nell’arrampicarsi su un palo spalmato di grasso, estremamente scivoloso, e arrivare in cima. Chi riusciva nell’intento poteva spiccare i premi “in natura”, di tipo mangereccio, che erano legati all’apice del palo.
Bricci
Gioco prevalentemente femminile che consisteva nell’effettuare un abile lancio di cinque sassolini, possibilmente rotondi e delle stesse dimensioni, in aria, senza farne cadere alcuno. Si iniziava con il lancio di un sassolino in aria dalla mano, e mentre quello ricadeva, se ne doveva prendere un altro dal piano di gioco, prima uno alla volta, poi due, poi tre, poi quattro, fino a prenderli tutti insieme. Chi riusciva nell’arduo compito, vinceva: altrimenti passava la mano.
Scuppittu
Rudimentale scoppietto di legno di sambuco nel quale veniva inserito un pistone di legno resistente; le pallottole erano fatte di stoppa bagnata e, tramite il pistone, veniva sparato il colpo. Chi raggiungeva la distanza maggiore, vinceva.
Tingolo barattolo
Variante dell’universale nascondino (nabbuscu). Colui che raggiungeva la tana eludendo il controllo dell’accecato, invece di fare tana, dava una zampata al barattolo che doveva essere ripreso dall’accecato e riportato al punto di partenza. Nel frattempo chi aveva dato il calcio tornava a nascondersi.
Rucicone
Costituite squadre di tre, quattro, cinque persone, ci si recava in una strada piuttosto lunga allo scopo di lanciare una ruota di legno. Il lancio veniva effettuato alternativamente da una squadra e dall’altra. Chi faceva il tiro più lungo acquistava, chiaramente, più metri e dopo che tutti i componenti di una squadra avevano lanciato, si calcolava la distanza in metri raggiunta dall’intera squadra e, naturalmente, chi andava più lontano vinceva. Le squadre perdenti dovevano pagare da bere o da mangiare.
Sturdu
Si predisponeva sul piano di gioco un pezzo di mattone o un sasso schiacciato in modo tale da tenersi in piedi. Sul sasso si appoggiavano delle monete, la puntata, e da una ragguardevole distanza veniva lanciato un altro sasso. Vinceva colui che si avvicinava di più al bersaglio senza farlo cadere. Se le monete cadevano e finivano vicino ad un altro sasso lanciato precedentemente o agli altri sassi, passavano a chi le aveva lanciate.
Pasquarella
E’ il giorno della Pasqua Bbefanìa!. Sempre partendo dalla piazza della Peschiera, e intonando la tipica canzone cantilenante, un gruppo nutrito di giovani arrivava a Palaterra. Si bussava a tutte le porte con lo scopo di reperire cibi e bevande, da poter poi consumare nella “dolce brigata”.
Giro di Carnevale
Lo stesso giro, dalla Pischèra a Palaterra, si faceva a Carnevale. Il gruppo questa volta era accompagnato da un somaro, in groppa al quale, a turno, sedeva un giovanotto dal volto celato. La persona di turno doveva tenere un bocca un imbuto, ‘u mottaturu, nel quale i paesani, alla porta dei quali si bussava, versavano fiaschi e cupellétte di vino: e quando il malcapitato era “pieno”, si faceva montare sull’asino un altro che, ben presto, veniva ridotto nelle stesse condizioni!
Salta la quaglia
Gioco individuale nel quale ognuno dei partecipanti si accovacciava, gli altri venivano saltando sopra (tipo cavallina) e, una volta effettuato il salto, si mettevano anche loro accovacciati per essere “saltati” a loro volta. Questo gioco era particolarmente adatto nei periodi freddi, come acchiapparèlla, per il movimento che comportava.